LA DIAGNOSI

DIAGNOSI

LA DIAGNOSI

La diagnosi di SLA si basa essenzialmente sulla osservazione clinica ed elettrofisiologica di progressione della malattia a più distretti muscolari e sulla esclusione di patologie con quadro clinico analogo. Sul piano clinico l’osservazione contemporanea di segni di lesione del motoneurone centrale e periferico, associati o disgiunti in più regioni corporee, in assenza di disturbi delle sensibilità e degli sfinteri, suggerisce fortemente la diagnosi. La diagnosi clinica deve essere confermata dallo studio elettrofisiologico, che ha anche lo scopo di cogliere minime modificazioni neuromuscolari, silenti sul piano clinico nelle fasi iniziali di malattia, e favorire una diagnosi precoce. Attualmente vengono utilizzati i criteri diagnostici emersi da una conferenza internazionale svoltasi in Giappone nel 2006. Viene mantenuta la suddivisione del corpo in 4 regioni, una bulbare e tre spinali (cervicale, toracica e lombosacrale) ma nella valutazione di regione affetta o meno, assumono uguale peso i dati clinici ed elettrofisiologici. In tal modo vengono semplificate le categorie diagnostiche e si incrementano le diagnosi precoci. Naturalmente diviene decisiva la qualità dell’indagine elettrofisiologica, che dovrà essere eseguita secondo rigorose metodologie.

In definitiva si riconoscono tre categorie diagnostiche:

SLA clinicamente possibile: segni di lesione clinica od elettrofisiologica dei motoneuroni centrale e periferico in almeno una regione; oppure, segni di lesione del motoneurone centrale in due o più regioni;oppure, segni di lesione del motoneurone periferico in una regione rostrale rispetto ai segni di lesione del motoneurone centrale.

SLA clinicamente probabile: segni di lesione clinica od elettrofisiologica dei motoneuroni centrale e periferico in almeno due regioni con presenza di alcuni segni del motoneurone centrale, rostrali rispetto a quelli del motoneurone periferico.

SLA clinicamente definita:   segni di lesione clinica od elettrofisiologica dei motoneuroni centrale e periferico nella regione bulbare ed in due regioni spinali;oppure segni di lesione clinica od elettrofisiologica dei motoneuroni centrale e periferico nelle tre regioni spinali.

La dimostrazione dell’interessamento del motoneurone periferico può essere clinica od elettrofisiologica, dunque è indispensabile stabilire quali siano i criteri elettromiografici per sostenere il dato. L’esame EMG deve dimostrare una denervazione attiva mediante la registrazione di potenziali di fibrillazione, potenziali positivi di denervazione e/o fascicolazioni complesse, ed una denervazione cronica con potenziali di unità motoria di durata ed ampiezza aumentata, con morfologia frequentemente polifasica ed instabile ed un ridotto reclutamento delle unità motorie con elevata frequenza nello sforzo massimale. Lo studio della conduzione nervosa è un completamento indispensabile dello studio elettrofisiologico. Sarà possibile osservare una ridotta ampiezza dei potenziali evocati motori con normalità o modesta riduzione della conduzione motoria. Di grande importanza ai fini della diagnosi differenziale è la dimostrazione di normalità della conduzione sensitiva e l’assenza di blocchi di conduzione lungo le fibre motorie.

L’interessamento del motoneurone centrale può essere dimostrato, anche in fase preclinica, mediante l’uso della Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS). Questa metodica è in grado di rilevare un interessamento delle vie corteccia motoria-bulbo e/o midollo mediante l’osservazione di un prolungamento del tempo necessario all’impulso elettrico a percorrere il tratto in esame e/o mediante una ridotta eccitabilità dei motoneuroni nella corteccia motoria. Anche la RMN tradizionale può evidenziare una anomala intensità di segnale delle vie corticobulbari e/o midollari, mentre la RMN spettroscopica è in grado di valutare la numerosità dei motoneuroni nella corteccia motoria. Nei casi nei quali permangono dubbi diagnostici può essere utile eseguire la rachicentesi con analisi biochimica del liquor, la biopsia muscolare o la biopsia di nervo. La rivalutazione clinico-elettrofisiologica, anche dopo un breve periodo di 1-2 mesi, costituisce uno degli strumenti più validi per una corretta diagnosi. Nei casi familiari è possibile praticare l’esame per le mutazioni SOD1 e degli altri geni coinvolti. In sintesi, la diagnosi di SLA si fonda sulla dimostrazione del coinvolgimento del motoneurone periferico ( clinica, elettrofisiologica o neuropatologica) e del motoneurone centrale (clinica, elettrofisiologica o radiologica), sulla osservazione della progressiva diffusione dei sintomi e segni in più regioni corporee e sulla esclusione di altre patologie che possono simularne il quadro clinico. Accanto alla necessità di formulare una corretta diagnosi, è indispensabile monitorare le funzioni principalmente coinvolte nella SLA (motricità, loquela, nutrizione, respirazione), perché in assenza di una terapia risolutiva, la prognosi e la qualità della vita del paziente dipenderanno sostanzialmente dai presidi e gli ausili che saranno progressivamente necessari.

fonte: http://burc.regione.campania.it

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  http://www.aisla.it/news.php?tipo=55

 

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